31 Mag 2013

Scelta coraggiosa del cantante: i costi dei biglietti del concerto di Madrid serviranno solo a pagare la manodopera. Inizialmente la tournée europea di Bon Jovi con la famosa band che porta il suo nome, sembrava non dovesse toccare la Spagna. Il motivo era dovuto al fatto che il costo dei biglietti appariva proibitivo per un paese colpito in modo grave dalla crisi economica.

Quando, qualche mese fa, sono usciti i prezzi dei biglietti della tournée europea di Bon Jovi, molti si sono stupiti guardando alla voce Spagna. Già, per la data di Madrid, al Vicente Calderon, lo stadio dell’Atletico, il costo era tra i 18 e i 39 euro, bassissimo per un concerto gigantesco, in quanto a organizzazione e strutture, come quello del rocker del New Jersey. Basti pensare che per San Siro la cifra si aggira tra i 42 e i 96 euro.

Ma Jon non ha voluto saperne: “c’è la crisi in Spagna? E allora suonerò gratis”.

Insomma, cantante e band non prenderanno un euro di compenso: si esibiranno del tutto gratis per non deludere i fan che volevano vederli e per dare un segno di solidarietà a chi soffre per una crisi devastante. “Quando abbiamo progettato il tour di quest’anno in Europa abbiamo fatto uno studio e abbiamo visto che la Spagna non rientrava, a causa della situazione economica. Tuttavia, non volevo deludere i fan di un Paese che amo e che mi ha trattato bene per trent’anni” ha detto lo stesso Jon Bon Jovi.

I soldi per il biglietto serviranno per pagare l’affitto dello spazio, gli operai che monteranno il palco e gli altri inservienti e tecnici locali arruolati per lo show.

Insomma, una volta tanto, una popstar che sembra vivere nel mondo reale e non su Marte. E, poiché non è che qui si sia così lontani dalla Spagna, considerato anche i tanti spalti vuoti agli ultimi concerti, vedi Springsteen a Napoli per esempio, forse sarebbe il caso di iniziare, non regalare, ma almeno ad abbassare i biglietti pure dalle nostre parti.

27 Mag 2013

Si è conclusa domenica 26 maggio 2013 la Settima edizione di Race for the Cure a Bari, tre giorni di salute, sport e benessere per la lotta ai tumori del seno.
L’inaugurazione della manifestazione tenutasi venerdì 24 alle 21 al Teatro Team, ha visto il direttore d’orchestra Paolo Lepore con la Jazz Studio Orchestra interpretare i più famosi brani dei Beatles.
Tinta sempre più di rosa, la mini maratona si è svolta in Corso Vittorio Emanuele. La gara, non competitiva ha sfilato lungo la muraglia ed è passata attraverso il centro storico, portando per la città il messaggio dell’iniziativa. La gara competitiva, invece, lunga 5 km, si è tenuta sul Lungomare Nazario Sauro.
La premiazione ha avuto luogo in piazza della Prefettura, luogo di partenza e di arrivo della gara, con Lino Banfi come testimonial d’eccezione, che in questa edizione ha deciso di affiancare la figlia Rosanna, testimonial e lei stessa donna in rosa.
Sono qui non solo perché questa malattia ha interessato in prima persona mia figlia, ma perché credo fermamente in questo progetto – dice Lino Banfi, raccontando poi, con non poca emozione, del cancro che colpì Rosanna – Inizialmente ero impaurito da questo male, tanto che non volevo neanche pronunciarlo. Poi ho capito che più si prende in giro questa malattia, più se ne parla con schiettezza, e più facilmente si può riuscire a batterla
Presenti alla premiazione anche Riccardo Masetti, presidente della Komen Italia, Vincenzo Lattanzio, presidente del Comitato Puglia Komen, Corrado Petrocelli, rettore dell’Università degli Studi di Bari e Elio Sannicandro, assessore del Comune di Bari.
I vincitori sono stati premiati subito dopo il tradizionale lancio dei palloncini, che ha innalzato nel cielo di Bari il messaggio di lotta contro il cancro, in un mozzafiato mosaico di colori.
Dedichiamo questo gesto a tutte le nostre sorelle che combattono contro il cancro al seno – ha detto Rosanna Banfi prima di lasciar andare i palloncini – Dedichiamolo a loro e anche a tutte le nostre amiche che non ci sono più.
Si è rivelata un vero successo la partecipazione alla manifestazione “Race for the cure” con oltre 13mila i partecipanti, un’adesione ben superiore alle precedenti edizioni e ad alcuni dei più importanti protagonisti dell’evento abbiamo provato a chiedere come avrebbe definito tutto questo…

10 Mag 2013

“Sacrifici”: non sa dire altro l’Europa dei banchieri e dei burocrati strapagati. Da quando l’Unione Europea è una realtà, non si chiedono che sacrifici alla gente. Ormai è una sorta di tortura, questo vocabolo. Bisogna “tenere i conti in ordine”, bisogna “salvaguardare le banche”, bisogna “razionalizzare la spesa”. In poche parole: si tagliano servizi essenziali alle persone per ripagare un debito che probabilmente, viste le sue dimensioni, è impagabile. Basti pensare che il debito pubblico italiano vale oltre 2mila miliardi ed è cresciuto sia con Berlusconi che con quel presunto genio di Monti: oggi è ai massimi storici. La dimostrazione scientifica che i sacrifici imposti ai più deboli non solo non sono serviti a nulla, ma hanno drasticamente peggiorato la situazione dei cittadini europei. Situazione destinata a peggiorare ancora, visto che inflazione, disoccupazione e pressione fiscale galoppano, mentre l’economia arretra un po’ ovunque.

I parrucconi a reti unificate vi fanno credere che esista una sola ricetta: quella che prevede aumenti delle imposte e tagli a pensioni, scuola e sanità. Non è assolutamente così. Un esempio concreto: che non è il Congo o Costa Rica o il Kazakistan. Parliamo del Giappone, ovvero uno dei paesi più ricchi al mondo, una delle principali potenze industriali. Il Paese nipponico ha un debito pubblico di enormi proporzioni (rapporto debito/Pil 236%), ed un deficit spaventoso (rapporto deficit/Pil 10%). Insomma, con questi numeri sarebbe ampiamente fuori dei parametri di Maastricht. Eppure il Giappone non ha la minima intenzione di copiare le scellerate ricette europee che hanno affamato la Grecia e presto potrebbero ridurre alla miseria Portogallo, Spagna e Italia.

“Il premier Shinzo Abe, ha avviato il suo piano di salvataggio: il governo tramite la banca centrale stamperà moneta (tanto da far passare la massa monetaria da 135mila miliardi a 270 mila miliardi entro il 2015) che servirà per comprare dalle banche i titoli di stato giapponesi (non solo i titoli a breve scadenza, ma anche quelli a medio e lungo termine). Il debito resterà invariato (perché il governo comprerà il debito già esistente) ed i tassi di interesse di qualsiasi scadenza si abbasseranno (grazie all’intervento statale). La grande iniezione di liquidità utilizzata per comprare i titoli farà da incentivo per gli investimenti (quindi le imprese e le banche una volta ricevuti i soldi dal governo li riutilizzeranno per la crescita)”.

Ma se il Giappone stampa moneta per fare fronte ai debiti, perché non lo fa l’Europa? Semplicissimo: i vari Stati dell’Ue non hanno sovranità monetaria. Il potere di stampare moneta ce l’ha solo la Bce, che è privata. E, quando immette liquidità, non lo fa per beneficenza, ma rivuole indietro i soldi. Il risultato è che gli Stati si indebitano e, su pressione delle lobbies finanziarie, tagliano i servizi, alzando le imposte, come si fa ormai da una decina d’anni a questa parte.

Ora, non è che stampare denaro a tonnellate ci renda tutti ricchi. Per carità, non siamo così sciocchi da pensarlo (anche il Giappone sta passando un brutto momento). Ma indubbiamente la possibilità di battere moneta, coi conti sballati che abbiamo, ci darebbe una grossa mano a uscire dalla crisi e impedirebbe il massacro sociale in atto. E tutto questo è niente rispetto a quel che avverrà a breve “grazie” al Mes e al Fiscal Compact.